LE SEZIONI UNITE DICONO SÌ AL RICONOSCIMENTO DEL PROVVEDIMENTO STRANIERO DI ADOZIONE DEL MINORE A FAVORE DI COPPIE OMO-AFFETTIVE

Il 31 marzo scorso la Corte di Cassazione civile, nella sua massima composizione, si è nuovamente pronunciata sul tema del riconoscimento, da parte dello Stato italiano, di decisioni straniere che dichiarano l’adozione di minori a favore di coppie omo-affettive.

Più nel dettaglio, la Corte capitolina è stata chiamata a prendere posizione sul ricorso avanzato da un cittadino italiano naturalizzato statunitense e residente all’estero, il quale aveva richiesto, senza successo, all’ufficiale di stato civile di un Comune italiano la trascrizione dell’atto di nascita di un minore, nato all’estero e sempre all’estero riconosciuto quale figlio adottivo del ricorrente e del suo compagno, in forza di “provvedimento d’adozione” pronunciato dalla competente Corte statunitense. Il tutto veniva analiticamente attestato dal certificato di adozione del minore, nel quale veniva inequivocabilmente affermato che il ricorrente ed il suo compagno erano e sono, per l’ordinamento statunitense, i genitori adottivi del minore.

Con tale pronuncia estera, ricostruiscono i Giudici italiani, lo Stato straniero aveva attribuito lo status di genitori adottivi al ricorrente ed al suo partner (successivamente sposato), a seguito di una procedura di adozione ove erano stati coinvolti sia i genitori biologici del minore, che avevano prestato il loro consenso all’adozione, sia un’agenzia pubblica equiparabile ai Servizi Sociali nazionali, che aveva prestato il proprio nulla osta all’adozione.
Provvedimento di adozione che, peraltro, era stato adottato dai Giudici esteri anche perché realizzativo del miglior interesse del minore, il quale rappresenta un “criterio di giudizio e interpretativo universale nelle questioni familiari in cui trovano coinvolgimento i minori.

Alla luce della predetta situazione, la Corte è stata chiamata a rispondere ai seguenti quesiti:
a) se possa costituire espressione di principi fondamentali ed irrinunciabili dell’ordinamento il disfavore dell’ordinamento interno all’accesso all’adozione legittimante per le coppie dello stesso sesso, desumibile dalla L. n. 184 del 1983, art. 6 che consente tale forma di adozione soltanto alla coppia coniugata e dalla L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 20 che introduce nel nostro ordinamento il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso ma esclude l’equiparazione con lo status coniugale in relazione alle disposizioni di cui alla L. n. 184 del 1983 (fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti) oltre che dalla giurisprudenza di legittimità, che ha limitato all’adozione non legittimante (L. n. 184 del 1983, art. 44 lett. d) la genitorialità sociale per la coppia omo-affettiva maschile che sia ricorsa alla gestazione per altri;
b) se il giudizio di compatibilità con l’ordine pubblico che l’autorità giudiziaria italiana deve compiere, ai sensi della L. n. 218 del 1995, artt. 41, 64, 65, 66 ai fini del riconoscimento in Italia di un provvedimento giudiziario straniero di adozione cd. legittimante, debba o meno includere la valutazione estera di adottabilità del minore.

In buona sostanza, i Giudici di legittimità sono stati chiamati a verificare la compatibilità di un provvedimento estero di adozione piena (cioè quello attributivo del rapporto genitore – figlio) ad una coppia omo-genitoriale maschile con i principi di ordine pubblico internazionale.
Ove con tale termine si riferisce all’insieme dei principi fondamentali fissati dal diritto internazionale e comunitario, dalla Costituzione e dalle leggi statali.

Nel decidere, la Corte ha avuto occasione di ripercorrere gli sviluppi normativi e giurisprudenziali che hanno interessato tale delicato settore del diritto di famiglia e non ha perso occasione per ribadire come la decisione in merito alla legittimità o meno di determinati comportamenti connessi alle modalità di concepimento e di gestazione dei nascituri non sia guidato da un valore fondante l’ordinamento, e pertanto condiviso ed irrinunciabile, bensì da una scelta di politica legislativa, peraltro maturata all’interno di una legge marcatamente espressiva di una delle scelte possibili in un campo eticamente sensibile che deve essere contestualizzata e che può essere ripensata.

Esaminati i più recenti interventi della giurisprudenza costituzionale e di legittimità sul punto, la Corte ha quindi escluso che l’attuale disciplina italiana in materia di adozione da parte di coppie omosessuali possa rappresentare l’espressione di principi rientranti nell’ordine pubblico internazionale.

In particolare, le Sezioni Unite hanno avuto modo di sottolineare come l’unione matrimoniale così come prevista nell’art. 29 Cost. costituisca il modello di relazione familiare maggiormente tutelato, ma che in relazione agli status genitoriali non rappresenti più, soprattutto dopo la riforma della filiazione, il modello unico o quello ritenuto esclusivamente adeguato per la nascita e la crescita dei figli minori.

Pertanto, deve concludersi che “non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omo-affettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omo-genitoriale, purché tale situazione non origini da un accordo di surrogazione di maternità, che resta penalmente sanzionato nell’ordinamento italiano e pertanto non legittimabile.

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