L’impiego degli smartphone nelle attività quotidiane è ormai sempre più diffuso, anche a causa della loro polivalenza. Un loro uso improprio può, però, esporre la persona a sanzioni, anche di tipo penale, laddove il comportamento integri, ad esempio, ipotesi di molestia o disturbo alle persone.
Inquadramento normativo e definizioni
Nell’ordinamento italiano l’art. 660 c.p. punisce “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”.
Per potersi avere il reato, è quindi necessario che sussistano i seguenti tre requisiti:
– la condotta di arrecare a taluno molestia o disturbo;
– la petulanza od altro biasimevole motivo come ragione di tale condotta;
– la condotta sia posta in essere in un luogo pubblico o aperto al pubblico o per mezzo del telefono.
Sotto il primo profilo vale la pena di evidenziare che il disturbo o la molestia devono necessariamente raggiungere una determinata persona e non, invece, la collettività intesa in senso generale, come chiarito di recente dalla Corte di Cassazione con riferimento ad una situazione non poco comune.
Il caso e il recente indirizzo giurisprudenziale
I Giudici di Piazza Cavour, in particolare, hanno analizzato il caso di un uomo che, nel corso di un rapporto conflittuale con una sua collega, per indispettirla, le puntava contro, con ostinazione, lo smartphone, instillando nella collega il dubbio di essere fotografata riconoscendo l’integrazione del reato di cui in premessa perché il comportamento posto in essere si è mostrato, al contempo:
– suscettibile di arrecare fastidio e disagio alla vittima per il solo fatto dell’insistita proiezione del telefono;
– idoneo a ingenerare nella vittima il timore di subire una fastidiosa invasione della propria sfera privata e, quindi, potenzialmente in grado di scalfire la sua serenità d’animo e di arrecarle un effettivo e significativo turbamento (Cass. pen., Sez. I, sent. 22 febbraio 2022, n. 6245)..
I rimedi giuridici a disposizione della parte lesa
È evidente, quindi, come tale condotta possa integrarsi in una molteplicità di ipotesi di comune quotidianità, con la relativa possibilità per la persona eventualmente vittima di tali condotte di vedersi tutelare le proprie ragioni, facendo affidamento su due importanti strumenti giuridici a sua disposizione:
– la presentazione di formale denuncia-querela nei confronti di chiunque si renda responsabile di simili comportamenti;
– la costituzione di parte civile nell’ambito del processo penale eventualmente scaturito, al fine di ottenere il risarcimento del danno patito.
Resta inteso, tuttavia, che la specifica situazione andrà valutata caso per caso, con l’ausilio di soggetti qualificati, al fine di individuare se vi è stata violazione e, in tale caso, quale rimedio si mostra il più indicato a tutelare la vittima, anche tra quelli illustrati.
Il testo dell’art. 660 c.p. è disponibile al seguente link:
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1930-10-19;1398
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