Chiunque, con il proprio cellulare, scatti delle fotografie o registri un video di nascosto, senza che il soggetto ripreso abbia espresso il proprio consenso, può incorrere nella commissione del reato di molestie e disturbo alle persone di cui all’art. 660 c.p.
A stabilirlo è la Cassazione che, con una recentissima sentenza (la n. 9446/2018), ha respinto il ricorso presentato da un uomo, indagato del reato di molestia, confermando il sequestro del telefonino con cui lo stesso era stato sorpreso a fotografare una donna in un centro commerciale, senza il consenso da parte della stessa.
Per i giudici della Corte, il comportamento dell’uomo è astrattamente idoneo a “suscitare nella persona direttamente offesa, ma anche nella gente, reazioni violente o moti di disgusto o di ribellione che influiscono negativamente sul bene giuridico che è l’ordine pubblico”.
L’art. 660 c.p. valuta infatti l’incidenza che il comportamento molesto può avere sulla libera determinazione della persona offesa e sulla tranquillità sia personale che pubblica, ciò anche nel caso in cui la persona offesa non si accorga di essere ripresa e/o la stessa non abbia risentito di alcun fastidio.
Recita l’art. 660 che “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, rechi a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a 516,00 €”.
E se le riprese visive e/o sonore che attengono alla vita privata di un soggetto si svolgono in luoghi di privata dimora o nelle appartenenze di essi (es. ambiente domestico e/o lavorativo, o in qualsiasi altro luogo privato)? In ipotesi di questo tipo, laddove vengano posti in essere veri e propri pedinamenti finalizzati a fotografare continuamente il soggetto per captare le abitudini di quest’ultimo (fino a violare, in tal modo, il suo diritto alla privacy), si configura il reato di illecita interferenza nella vita privata ex art. 615 bis c.p..
Il reato è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, e da uno a cinque se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.
Per non rischiare di incorrere in fatti penalmente perseguibili, è bene pertanto che colui che intenda acquisire foto e video per il tramite del proprio cellulare, disponga del consenso del diretto interessato ed operi ponendo in essere una condotta che non abbia natura furtiva.