La distanza geografica non è d’ostacolo all’affido condiviso.
E’ questo l’importante principio che si ricava dalla sentenza emessa il 6.3.19 dalla Cassazione-I Sez. Civile (sent. 6535/19) in una battaglia tra genitori per l’affido del loro figlio naturale.
La sentenza chiude una contesa tra coniugi in cui la madre del minore, non paga della collocazione del figlio presso di sé, a Roma, ne chiedeva l’affido esclusivo adducendo, a sostegno della propria istanza, proprio la distanza che separava il padre dal minore.
La richiesta era stata respinta dalla Corte d’Appello di Roma e così la signora aveva fatto ricorso alla Suprema Corte, la quale ha confermato la precedente decisione, non ravvisando nella distanza un motivo idoneo a derogare alla regola dell’affido condiviso, previsto dalla Legge, di cui è stata data puntuale e rigorosa applicazione, tenuto conto che nei confronti del papà in questione, seppure vivesse a Bruxelles, non era emerso alcun profilo di inidoneità genitoriale.
Difatti, era stata rimarcata l’assidua osservanza dei tempi di visita che il padre faceva al minore nonostante la distanza, pur affrontando il disagio del viaggio.
La Suprema Corte quindi ha ritenuto la decisione corretta e la ha confermata, ritenendola allineata ai principi normativi e giurisprudenziali, nazionali ed europei, tesi a garantire la effettività del diritto del figlio di mantenere la relazione con entrambi i genitori.
Da tale diritto deriva che quello dell’affido condiviso sia il regime ordinario, che non può essere derogato neppure in caso di conflittualità genitoriale (Cass. 1777/12), salvo che tale situazione superi i limiti di tollerabilità, andando a compromettere lo sviluppo psico-fisico della prole (Cass. 5108/12).
Nel caso di specie, pur essendo stata riscontrata una indiscutibile conflittualità genitoriale, la stessa era risultata stemperata dalla distanza, che quindi, lungi dal nuocere al minore, anzi rappresentava per lui una sorta di salvaguardia.