Di recente, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 27955/20, si è pronunciata nuovamente sul tema della risoluzione (venir meno del contratto) per inadempimento di un contratto di locazione di beni immobili per morosità del conduttore. Con tale pronuncia, il Giudice di legittimità non solo ha offerto una panoramica ricognitiva dei principi generali che operano in materia ma ha anche ribadito il proprio orientamento sugli effetti giuridici del comportamento tollerante del conduttore rispetto alla rimodulazione dei termini contrattuali di pagamento del canone periodico di locazione.
Si è colta, quindi, l’occasione per ribadire la risposta giurisprudenziale alla domanda sul se il comportamento attendista del locatore possa integrare un “comportamento tollerante di accondiscendenza ad una modifica contrattuale relativamente al termine di adempimento”. E cioè se, la circostanza che il locatore abbia sopportato, nel tempo, i ritardi nel pagamento del canone periodico da parte del conduttore possa giustificare il convincimento di quest’ultimo di poter pagare i canoni, a propria discrezione e non alle scadenze pattuite.
La corte, con la pronuncia sopra richiamata, dopo aver ricostruito in modo sistematico i principi operanti con riferimento alla risoluzione di contratti di durata e, più nel dettaglio, dei contratti di locazione di immobili, ha evidenziato, in modo condivisibile, come l’intimazione in mora ex art. 1219 c.c. (il richiamo all’ordine da parte del creditore) non sia in alcun modo necessario per poter procedere alla successiva domanda di risoluzione del contratto. Pertanto, a nulla rileva la circostanza che, prima della intimazione di sfratto, il locatore non abbia mai chiesto né sollecitato l’adempimento, giacché “tale inerzia non può essere interpretata alla stregua di un comportamento tollerante di accondiscendenza ad una modifica contrattuale relativamente al termine di adempimento, non potendo un comportamento di significato così equivoco, quale quello di non aver preteso in passato l’osservanza dell’obbligo stesso, indurre il conduttore a ritenere di poter adempiere secondo la propria disponibilità” (a conferma di quanto già espresso in suoi precedenti arresti; cfr. Cass. 18/03/2003, n. 3964, secondo cui tale comportamento può essere ispirato da benevolenza piuttosto che essere determinato dalla volontà di modificazione del patto; nello stesso senso Cass. 26/11/2019, n. 30730 e già Cass. 20/01/1994, n. 466; Cass. 15/12/1981, n. 6635).
Nonostante l’inerzia del locatore, quindi, il conduttore non può legittimamente interpretare il comportamento “tollerante” del primo come di consenso alla modificazione del termine contrattuale previsto per l’adempimento periodico (pagamento del canone di locazione), in quanto tale comportamento è di per sé neutro, e quindi inidoneo ad alterare il vincolo contrattuale, che vale legge fra le parti, salvo espressa ed univoca rinegoziazione.