IDENTITÀ ED EREDITÀ DIGITALE: QUALE REGOLAMENTAZIONE?

Recentemente il Tribunale di Milano è stato chiamato a prendere posizione sul tema dell’eredità digitale, che costituisce una questione giuridica di rilievo primario all’interno della società dell’algoritmo.

Difatti, sempre più spesso, le informazioni relative alla nostra quotidianità e ancor di più i momenti significativi della vita vengono immagazzinati nei nostri dispositivi informatici fisici (smartphone, pc, hard-disk esterno) e in cloud, a cui è possibile accedere tramite l’uso di account e password nella disponibilità del singolo utente accreditato e che rappresentano delle identità digitali. Ad ogni Identità corrisponde, quindi, un patrimonio di dati, spesso sensibili, che possono essere gestiti unicamente dal titolare o dai soggetti da questi autorizzati.

Ma quali sono le sorti del patrimonio digitale nell’ipotesi di morte del titolare dell’account digitale ed in assenza di disposizioni del medesimo sul punto?

Trattandosi di questioni connesse alla gestione dei dati personali, il dato normativo di partenza è certamente rappresentato dal Regolamento europeo 2016/679 (meglio noto come GDPR) che, tuttavia, al Considerando 27 precisa che tale Regolamento “non si applica ai dati personali delle persone decedute”.

Gli Stati membri, invece, sono liberi di prevedere norme riguardanti il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Legislazione che, in Italia, è rappresentata dall’art. 2-terdecies del D.lgs. n. 196/2003 introdotto dal d.lgs. 10.8.2018 n. 101.
Tale articolo, rubricato “Diritti riguardanti le persone decedute” stabilisce quanto segue:

  1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.
  2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.
  3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.
  4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3.
  5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”.

Ed è proprio in forza di tale ultima disposizione che il Tribunale meneghino ha deciso il ricorso presentato dai genitori di un giovane chef, rimasto purtroppo vittima di un sinistro mortale, in cui andava distrutto anche lo smartphone, i cui dati però erano costantemente oggetto di backup in cloud.
Così, vista la possibilità di recuperare i contenuti ospitati sull’archivio virtuale, i genitori manifestavano la volontà di acquisire le fotografie e i video registrati, in modo da poter colmare quel senso di vuoto e di dolore scaturito dalla prematura perdita del proprio caro e al fine di realizzare un’iniziativa in sua memoria. Tuttavia, vista la peculiarità del caso e la sensibilità dei dati trattati, la Società gestrice del cloud esprimeva la propria dubbiosità sulla legittimazione a trattare i dati del defunto, all’uopo richiedendo un ordine del Tribunale che disponesse in tal senso.

Il Tribunale di Milano, quindi, rilevata la qualifica dei genitori e la comprovata sussistenza di “ragioni familiari meritevoli di protezione” ha ordinato alla Società di permettere ai genitori l’accesso ai dati personali del figlio defunto, autorizzandola ex art. 6, par. 1 lett. f) GDPR al trattamento dei dati personali, stante il valore degli interessi familiari in gioco.

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