Lockdown e scambi commerciali: quali effetti?

Con riferimento agli scambi commerciali, specialmente quelli destinati a spiegare i loro effetti in un arco temporale non breve, la pandemia in atto ed i relativi provvedimenti governativi di contrasto, su tutti la chiusura delle attività produttive e commerciali, hanno aumentato il rischio di inadempimento delle obbligazioni contrattuali. Quali sono le soluzioni possibili?

Negli ultimi mesi, con la diffusione dell’emergenza Covid-19, la quasi totalità delle aziende italiane si è trovata ad affrontare il problema della gestione dei pagamenti e degli adempimenti derivanti da obblighi contrattuali con altre imprese e/o con i clienti finali.
Inevitabilmente, l’arresto delle attività economiche ha contribuito ad una tendenziale carenza di liquidità nella casse delle medesime, aprendo alla possibilità di una serie di inadempimenti contrattuali a cascata, passibile di alimentare la già latente crisi economica e finanziaria.
Ci si è chiesti, dunque, se con riferimento alle prestazioni in scadenza nel periodo rientrante nelle lockdown e nelle successive fasi di ripresa controllata, vi potessero essere dei meccanismi di uscita dal vincolo contrattuale, che si ricorda ha forza di legge fra le parti.

Sul fronte contrattuale, in via generalissima, il blocco delle attività commerciali per prevenire la diffusione del Covid-19 è certamente qualificabile come un fatto imprevedibile e straordinario, non per questo, però, idoneo a sciogliere i vincoli contrattuali.
Tuttavia, l’analisi sulla perduranza del vincolo dovrebbe essere condotta sempre caso per caso, guardando alla tipologia di contratto, alle clausole ivi inserite ed alla prestazione da adempiere, potendo l’arresto forzato dell’attività incidere come no sulla corretta esecuzione del medesimo.
Come per la materia locatizia, salvo clausole contrattuali esplicite e situazioni contingenti peculiari, però, difficilmente l’evento pandemico potrà essere configurato come idoneo ad interrompere il vincolo contrattuale, mentre potrà, ragionevolmente, costituire un esimente da responsabilità nel ritardo dall’adempimento.
In tal senso depone anche il recente art. 91 d.l. 20 marzo 2020 n. 18, introduttivo del comma 6-bis all’art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020 n. 6, ai sensi del quale “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Con tale disposizione, il legislatore ha stabilito che nel caso in cui una parte contrattuale si sia resa inadempiente, totalmente o parzialmente, ovvero sia in ritardo nell’adempimento, la sussistenza dell’eventuale responsabilità dovrà essere valutata alla luce dell’influenza che il rispetto delle limitazioni previste dallo Stato ha determinato sull’incapacità di adempiere correttamente e\o tempestivamente l’obbligazione.
Si è sostenuto, quindi, che con tale regola, diversamente da quanto previsto dall’art. 1218 c.c., l’inadempimento del debitore esporrà a responsabilità soltanto ove il giudice accertasse che l’inadempimento non è conseguente al rispetto delle misure restrittive imposte dal Governo italiano.
Parimenti nelle ipotesi di fornitura di merce, da pagarsi con scadenza nel periodo di stop delle vendite, l’assenza di liquidità difficilmente potrebbe essere considerata come un elemento giustificativo della risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta (almeno nelle ipotesi in cui la merce abbia conservato il proprio valore di mercato).
In definitiva, il vincolo contrattuale non sembra destinato a cessare i propri effetti rispetto all’emersione dell’evento pandemico, tuttavia, la regola generale ben potrebbe essere derogata da disposizioni contrattuali ovvero dalla natura stessa della prestazione dedotta nel contratto, in ipotesi, inidonea ad ammettere l’esecuzione tardiva.
Resta intesto, comunque, che nell’ipotesi in cui si dimostri il collegamento fra il ritardo\inadempimento e le restrizioni governative, il debitore si ritiene immune da responsabilità per il ritardo, ed esentato dall’obbligo risarcitorio ex art. 1223 c.c., come ribadito dall’art. 91 d.l. 20 marzo 2020 n. 18.

Indipendentemente dalla tipologia contrattuale, le parti potranno tentare la rinegoziazione degli accordi, in un’ottica di equo contemperamento dei loro interessi che, ad oggi, resta lo strumento più rapido di ossigenazione aziendale, se adoperato con buon senso e nelle situazioni di necessità realmente procurate dai blocchi governativi delle attività.

Con riferimento alle imprese italiane operanti all’estero, si segnala, inoltre, che il Ministero dello Sviluppo Economico, il 25 marzo scorso, ha autorizzato le Camere di Commercio a rilasciare, su richiesta delle imprese, una attestazione in lingua inglese di “sussistenza di forza maggiore”: si tratta di una sorta di conferma ufficiale della doglianza lamentata dall’impresa, da poter essere utilizzata in tutti quei casi in cui il contratto preveda clausole di scioglimento del vincolo dipendenti da situazioni “attestate” di crisi endogena. Le modalità per richiedere tali attestazioni sono disponibili al sito della Camera di commercio di riferimento per l’impresa interessata.

Resta inteso, anche con riferimento ai negozi trans-nazionali, che l’analisi va effettuata caso per caso, mediante innanzitutto l’analisi del contratto che disporrà, verosimilmente anche sulla legge applicabile per le controversie insistenti sul medesimo.

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