Non è dovuto il mantenimento a favore dei figli maggiorenni se il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica deve imputarsi esclusivamente a loro colpa.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 16771 del 24 Maggio 2022, ha statuito che l’assenza di indipendenza economica della figlia ventiduenne “dovesse imputarsi esclusivamente a sua colpa, per aver ingiustificatamente rifiutato plurime offerte di lavoro, nonostante difettasse ogni prova di sue particolari inclinazioni e/o attitudini o di sue ben precise aspirazioni professionali che l’avessero determinata a compiere, ed a seguire con costanza, una diversa e coerente scelta progettuale alternativa”.
La disciplina dell’assegno di mantenimento
Nel nostro ordinamento, l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni è sancito dall’art. 337 septies c.c.
La norma prevede che il Giudice possa disporre l’assegno di mantenimento una volta “valutate le circostanze”. Tale formula si riferisce sia alla possibilità di concedere o negare il sostegno, sia alla possibilità di scegliere tra mantenimento diretto e indiretto.
Al fine di verificare la sussistenza dell’obbligo per il genitore, il Giudice si avvale di parametri valutativi quali:
- proporzionalità, in rapporto all’età dei figli beneficiari;
- valutazione del percorso formativo e della sua ultimazione;
- presenza di eventuali condotte non diligenti del figlio.
Numerose pronunce di legittimità hanno precedentemente affermato il principio di proporzionalità inversa, secondo cui all’età progressivamente più elevata del figlio corrisponde tendenzialmente, in concorso con gli altri presupposti, il venir meno del diritto al mantenimento o, comunque, la diminuzione della sua entità.
Tuttavia, l’obbligo di mantenimento acquista proprie peculiarità nel caso in cui il figlio maggiorenne, studente – inoccupato, non abbia terminato il ciclo di studi o di formazione scelto e intrapreso: in questo caso, infatti, la giurisprudenza pone in capo al figlio stesso l’onere di dimostrare di essersi effettivamente adoperato, senza esiti, per rendersi autonomo, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle effettive offerte del mercato del lavoro, al fine di non gravare ingiustamente sul genitore.
Il fatto
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Trieste aveva riconosciuto l’assegno di mantenimento a carico del padre solo per il figlio diciottenne, confermando, invece, la revoca dello stesso per la figlia ventiduenne.
In particolare, la primogenita aveva abbandonato l’università senza aver sostenuto alcun esame e aveva rifiutato due offerte lavorative senza addurre ragioni che potessero far ritenere giustificati i rifiuti.
Del tutto diversa, invece, la situazione del figlio diciottenne, che aveva abbandonato la scuola superiore quasi sul finire.
In questo caso, infatti, la Cassazione ha ritenuto corretta la scelta del Giudice di merito di valorizzare le difficoltà incontrate dal ragazzo nel percorso scolastico ed ha concluso per l’assenza di colpa nel rendersi autosufficiente dal punto di vista economico, essendo appena diventato maggiorenne e soffrendo di problemi di natura psicologica.
L’orientamento della Corte di Cassazione
All’esito dell’analisi, la Corte ha quindi ribadito il proprio orientamento, secondo cui “deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione e del mercato del lavoro”.
Considerazioni finali
In conclusione, il pronostico sulla presenza delle condizioni per la cessazione dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente dipende dal caso concreto che, prima i professionisti coinvolti, poi il Giudice, saranno chiamati a verificare con un giudizio caso per caso, secondo parametri precisi quali l’età, l’effettivo conseguimento di competenza professionale e tecnica, l’impegno rivolto alla ricerca di un’occupazione lavorativa, la complessiva condotta personale tenuta dal figlio avente diritto.
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