L’apertura della somministrazione dei vaccini anti Covid-19 anche ai i minorenni non è stata accolta da tutti in modo positivo e ha già generato non pochi contrasti all’interno delle famiglie italiane.
Questione, quella del contrasto tra genitori sull’opportunità di vaccinare il figlio minore, che è stata di recente esaminata dal Tribunale di Monza, che ha visto contrapposti due genitori separati, ove il padre s’opponeva a prestare il consenso alla somministrazione del vaccino al figlio quindicenne, come richiesto dalla moglie.
A seguito del rifiuto dell’ex coniuge, la madre del minore adiva il Tribunale lombardo con ricorso ex art. 709-ter c.p.c. riferendo che la decisione di prenotare la vaccinazione era maturata a seguito del consulto del medico pediatra del figlio, previo consenso verbale dell’ex coniuge e in accordo con lo stesso minore, che aveva espresso la volontà di vaccinarsi pur di tornare ad una vita normale sia sul piano scolastico che relazionale. Nonostante ciò, al momento della sottoscrizione del modulo relativo al consenso informato per la somministrazione, necessariamente firmato da entrambi i genitori quali esercenti la potestà del minorenne, il padre si rifiutava di prestarvi consenso apportando motivazioni generiche.
Aperto il giudizio, il padre si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso ex art. 709-ter c.p.c. e ribadendo la propria opposizione alla somministrazione sia perché, a suo avviso, si trattava di ricorso inammissibile (essendo il Giudice sprovvisto del potere di sostituire la propria decisione alla difforme valutazione del genitore), sia perché il vaccino, essendo ancora in fase sperimentale, non sarebbe stato sicuro per il figlio.
Viste le difese dell’ex coniuge, la madre ricorrente ribadiva al Giudice la richiesta di autorizzare comunque la inoculazione del vaccino al figlio minorenne, nonostante l’opposizione dell’altro genitore.
Al fine di dirimere la questione, il Tribunale ha, innanzitutto, valutato e deciso le due questioni poste dal coniuge opponente affermando, dapprima, l’ammissibilità del ricorso ex art. 709-ter c.p.c. e, in secondo luogo, la competenza dello stesso giudicante a decidere la questione relativa alla somministrazione del vaccino al figlio in caso di contrasto di volontà fra i due genitori separati.
Il giudice, infatti, evidenziando come tale ricorso fosse finalizzato a risolvere un contrasto insorto fra genitori separati/divorziati con riferimento a questioni di assoluta rilevanza per la vita del figlio minore, ha ribadito che in tali casi di stasi decisionale su questioni rilevanti (fra le quali rientra il tema “salute” a cui va ricondotta l’eventuale somministrazione del vaccino) non può che spettare al Giudice il compito di risolvere in contrasto.
Orientamento conforme a quanto già espresso, in precedenza, dalla giurisprudenza di merito con riferimento alla somministrazione di altre tipologie di vaccino, che sul punto ha avuto modo di sentenziare che “laddove vi sia un concreto pericolo per la salute del minore, in relazione alla gravità e diffusione del virus e vi siano dati scientifici univoci che quel determinato trattamento risulta efficace, il giudice possa sospendere momentaneamente la capacità del genitore contrario al vaccino” (cfr. Trib. Milano 17.10.18; C. Appello Napoli 30.08.17; Trib. Roma 16 febbraio 2017).
In aderenza a tale orientamento, il Tribunale di Monza ha ritenuto che nel caso in esame ricorressero entrambi i presupposti per sospendere la capacità del genitore dissenziente, giacché il Covid-19 può comportare un concreto pericolo per la salute del minorenne (giungendo nei casi più estremi al decesso) e la diffusione della patologia nel nostro Paese, così come in tutto il mondo, è inarrestabile in assenza di contrasto con vaccinazione.
Dovendo analizzare l’ulteriore profilo della “efficacia del trattamento con vaccino” rispetto al rischio da prevenire, il Giudice lombardo, nel rispetto del principio di precauzione, ha basato le proprie valutazioni affidandosi all’opinione condivisa dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale, a parere della quale, rispetto a una ipotetica situazione di assenza di somministrazione, i vaccini approvati dalle autorità nazionali ed internazionali, se inoculati, riescano a proteggere sia i singoli, sia la comunità, da un grave peggioramento della malattia.
In buona sostanza, il Giudice ha potuto appurare che, in assenza di vaccinazione, vi è un maggior rischio per il singolo essere umano, indipendentemente dall’età (quindi anche se minorenne), al netto delle comunque esistenti compromissioni della vita sociale e educativa che l’assenza di vaccinazione al momento imporrebbe.
Opportunità di procedere alla vaccinazione che è stata sostenuta dal Giudice anche in virtù del conforto medico, risultante dal certificato fornito dal pediatra del quindicenne, attestante l’assenza di controindicazioni per la somministrazione del vaccino e della volontà manifestata dal minore.
Volontà che assume un rilievo senz’altro dirimente, posto il disposto dell’art. 3 della I. n. 219/2017 che, al comma 1 prevede che “la persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione” mentre al comma successivo stabilisce che “il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore in relazione alla sua età, al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.
Per tutte le già menzionate ragioni, il Giudice ha ritenuto che il rifiuto da parte del padre alla vaccinazione del figlio fosse in contrasto anche con tale disposizione, sia con riguardo alla mancata considerazione della volontà del figlio, sia con riferimento alla mancata considerazione della finalità del compito genitoriale (tutela della salute, anche psichica del minore e realizzazione del suo interesse, che resta prevalente).
Per quanto sinora si è detto, può quindi affermarsi che, in ipotesi di contrasto fra i genitori circa l’opportunità di somministrare il vaccino anti covid-19 al figlio minorenne, ciascun genitore potrà ricorrere al Giudice per vedersi riconoscere la propria ragione.
Ragione che andrà valutata alla luce del caso concreto (stato di salute/abitudini di vita/volontà del minore, eventuale parere medico, fondatezza e serietà delle argomentazioni avanzate dai genitori). Resta inteso, tuttavia, che in presenza di un minore di età superiore ai 12 anni o, di età inferiore ma con spiccata maturità, l’ascolto del minore e la volontà dallo stesso espressa acquistano rilievo assolutamente primario nell’economia decisionale.