L’animale domestico può essere considerato come un bene difettoso? In che cosa possono consistere i vizi e i difetti dell’animale da compagnia? Quali rimedi prevede la legge e come vanno esercitati? A parte di questi interrogativi ha dato risposta, con un’ordinanza del 6 dicembre scorso, la Corte di Cassazione, cogliendo l’occasione per ribadire l’inquadramento giuridico dell’animale, per molti a confine tra res e persona.
La difficile qualificazione giuridica dell’animale: res o persona?
Come anticipato in un nostro precedente articolo descrittivo delle novità introdotte dal rivisto art. 9 Costituzione in materia di salvaguardia dell’ambiente, gli animali – anche quelli domestici e da compagnia – non sono allo stato inquadrabili come soggetti di diritto.
La legge applicabile alla vendita di animali tra codice civile e codice del consumo
Ad oggi, quindi, in assenza di una diversa previsione normativa, gli animali continuano ad integrare una particolare forma di bene vendibile ai sensi dell’art. 1496 cc, senza distinzione tra quelli d’affezione e gli altri.
Con l’avvento del codice del consumo (d. lgs. n. 207/2005), però, ci si è domandati se l’animale venduto da un imprenditore possa essere considerato alla stregua di un bene di consumo, applicandosi così alla vendita le maggiori tutele per il consumatore acquirente (art. 132 c.cons.) in luogo della più rigida disciplina descritta dagli artt. 1495 e 1496 del codice civile.
Le differenze di disciplina
La differenza, infatti, non è di poco conto, giacché – diversamente dalla norma contenuta nel codice civile, che impone al compratore di denunciare il vizio della cosa entro e non oltre 8 giorni dalla scoperta, pena la decadenza del diritto alla garanzia, il codice del consumo estende tale termine a 60 giorni.
La pronuncia della Corte di Cassazione
Tali importante questione è stata recentissimamente decisa dalla Corte di Cassazione la quale – fornendo un’ampia panoramica sull’inquadramento giuridico dell’animale da compagnia nell’ordinamento giuridico – ha ribadito l’orientamento espresso nel 2018, confermando che l’animale – anche se d’affezione – rappresenta un bene di consumo, laddove l’acquisto avvenga per la soddisfazione di esigenze nella vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata dal compratore.
Con la conseguenza giuridica che la sua vendita viene regolata dal codice del consumo, salva l’applicazione delle norme del codice civile per quanto non previsto, per cui il termine di decadenza per la denuncia del vizio è quello lungo di 60 giorni.
Si segnala, infine, come con l’occasione la Corte abbia ribadito la natura di res dell’animale, già espressa nel 2018, senza valorizzare in alcun modo il portato del nuovo art. 9 della Costituzione, che come si è già avuto modo di scrivere nel nostro blog, rappresenta ad oggi una norma programmatica e d’apertura a possibili cambiamenti normativi.
Alcune considerazioni finali sui vizi dell’animale
L’animale è un bene, e in quanto tale il venditore è tenuto a garantirlo da evizione, da vizi e difetti che, però, risentono della particolare natura del bene venduto, coincidendo sostanzialmente con patologie e malformazioni dell’animale.
Non tutte le patologie possono, però, considerarsi vizi o difetti.
La presenza e la rilevanza degli stessi ai fini dell’attivazione della garanzia prevista per legge va quindi valutata caso per caso. Anche in tali situazioni si suggerisce di rivolgersi ad un professionista per verificare l’operatività della garanzia di legge, e ottenere la riduzione del prezzo, la riparazione (nel caso, la cura), e/o la sostituzione del bene, che sono le soluzioni previste dalla legge insieme al sempre possibile risarcimento del danno.
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