CHI RISPONDE DEL DANNO DA CADUTA?

Risarcimento danni avvocato Macerata

L’art. 2051 del Codice civile stabilisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

Ma qual è il significato da attribuire al termine “cosa”? E quali sono le situazioni generalmente riconducibili sotto questa norma? Quando, invece, non opera perché sussiste caso fortuito?

Con una recentissima ordinanza la Corte di Cassazione è tornata in argomento, ribadendo un suo consolidato orientamento, secondo cui, quando l’evento dannoso poteva essere evitato mediante il comportamento prudente del danneggiato, il custode non può essere considerato responsabile del danno provocato dalla cosa.

La natura della responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Storicamente l’ipotesi di responsabilità descritta all’art. 2051 c.c. è stata inquadrata come un’ipotesi di presunzione di responsabilità: il custode è responsabile del danno causato dalla cosa, salvo provi di non aver agito, con riferimento all’evento dannoso, con volontà o con colpa.

Tuttavia, già dall’ultimo decennio del secolo scorso si è fatta largo, prima in dottrina e poi in giurisprudenza, la tesi, oggi pacifica, per cui l’art. 2051 c.c. disciplinerebbe una fattispecie di responsabilità oggettiva: il custode è responsabile del danno provocato a terzi dalla cosa custodita, anche qualora in capo a lui non sia ravvisabile una qualche forma di colpa o volontà nella causazione del danno stesso.

La prova del nesso di causalità e la prova (liberatoria) del “caso fortuito”.

Dalla “nuova” configurazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. come responsabilità oggettiva deriva un onere probatorio “semplificato” per il danneggiato che voglia ottenere il risarcimento del danno: egli, infatti, dovrà dimostrare, oltre al rapporto intercorrente tra la res e il soggetto preposto alla sua custodia, il nesso di causalità tra la cosa stessa e l’evento dannoso.

Incomberà, invece, sul danneggiante che sia convenuto in giudizio, e che voglia andare esente da responsabilità, l’onere di dare la prova del “caso fortuito” che, rappresentando fattore estraneo alla sfera soggettiva e volitiva del custode, ha caratteri di imprevedibilità e  di inevitabilità tali da impedire una qualsivoglia tipologia di addebito in capo al danneggiato.

Il “caso fortuito” in giurisprudenza: la condotta colpevole del danneggiato.

Nel corso degli ultimi decenni, il concetto di “caso fortuito” è stato inteso dalla giurisprudenza in senso ampio, comprensivo anche del fatto naturale (c.d. forza maggiore), del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato. In particolare, affinché il danneggiante non sia considerato responsabile, la condotta del danneggiato deve essere connotata dai caratteri della colpevolezza e dell’imprevedibilità o eccezionalità (secondo quanto stabilito, da ultimo, da Cass. sent. n. 4035/2021), e deve costituire causa esclusiva dell’evento dannoso.

Più nel dettaglio, si è ritenuto che il “caso fortuito” sia integrato, ad esempio, quando il danneggiato abbia fatto un uso improprio (se non addirittura anomalo) della cosa, diverso rispetto a quello normalmente riconducibile alla sua ordinaria destinazione. Dall’altro lato, il “caso fortuito” verrebbe a configurarsi quando la situazione di pericolo provocata dalla cosa in custodia era superabile mediante l’adozione, da parte del danneggiato, di un comportamento ordinariamente cauto.

 La responsabilità della Pubblica Amministrazione ex art. 2051 c.c. e il “caso fortuito”.

In passato, la giurisprudenza tendeva ad escludere la responsabilità per danni ex art. 2051 c.c. quando la cosa fosse parte del demanio pubblico. Infatti, si riteneva che per la Pubblica Amministrazione non fosse agevole adempiere ai suoi doveri di custodia su beni caratterizzati da notevole estensione, come il demanio stradale.

Ad oggi, tuttavia, la giurisprudenza è orientata a configurare in capo alla P.A. un più pregnante dovere di custodia sul demanio pubblico, e in particolare sulle strade pubbliche e sulle loro pertinenze, e quindi è giunta ad affermare la piena applicabilità della disciplina di cui all’art. 2051 c.c. anche nel caso, ad esempio, di infortunio dovuto a una caduta provocata dalla sconnessione del marciapiede.

In questi casi – precisa la giurisprudenza – il “caso fortuito” può ravvisarsi anche nella condotta negligente e imprevedibile del danneggiato (ad esempio del pedone disattento). Il danneggiato, da parte sua, non potrà limitarsi a dare la prova del nesso causale tra cosa in custodia e danno subìto, ma dovrà dimostrare anche di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il verificarsi del danno stesso, e quindi di aver tenuto una condotta improntata agli ordinari criteri di prudenza.

L’ordinanza n. 22121/2022 della Corte di Cassazione: il fatto.

Un soggetto conveniva in giudizio un Comune, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per un infortunio occorso inciampando in una buca posta al centro della carreggiata, non segnalata né individuabile in quanto coperta da fogli di giornale. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda dell’attore, ma la sentenza veniva ribaltata dal Tribunale, che invece, inquadrando la fattispecie sotto l’art. 2051 c.c., escludeva la responsabilità dell’Amministrazione, ritenendo che l’incidente, sotto il profilo della causalità, fosse dovuto a mera disattenzione del pedone. In particolare, nella sua pronuncia, confermata dalla Corte di Cassazione, il Tribunale richiamava il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui, quando l’evento dannoso era evitabilemediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato”, può “escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa.

 Considerazioni finali.

L’Ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura e alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può influire la condotta del danneggiato. Questa, però, viene a configurare un “caso fortuito”, idoneo ad elidere il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, e quindi ad escludere la responsabilità del custode, quando sia qualificabile come colposa e abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto. In caso contrario, il comportamento del soggetto danneggiato potrà rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità dell’Ente pubblico in proporzione all’incidenza causale del comportamento dell’utente stesso.

 

Per saperne di più sulla tutela risarcitoria in caso di caduta dovuta a dissesto del manto stradale, anche con riferimento ad altre pronunce della Corte di Cassazione sul punto, suggeriamo la lettura di:

https://studiolegaleborgiani.it/strade-pubbliche-chi-paga-per-i-danni-causati-dalle-buche-sul-manto-stradale/

 

 

 

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