Il superamento del limite di velocità può essere desunto dal verbalizzante in base alle “circostanze di fatto” o va accertato secondo dati oggettivi?
Come noto, la velocità massima degli autoveicoli consentita sulle strade è regolata dall’art. 142 del Codice della Strada, all’interno del quale sono indicati i limiti da osservare.
I limiti di velocità “ordinari” prevedono il limite di:
- 50 Km/h in città;
- 90 Km/h sulle strade extraurbane di tipo secondario;
- 110 Km/h su quelle extraurbane principali;
- 130 Km/h in autostrada.
Le lievissime eccezioni di cui il conducente può tener conto fanno riferimento ai limiti di tolleranza derivanti dall’utilizzo di sistemi di rilevamento automatico della velocità (quali, ad esempio, autovelox o tutor autostradali) che, nello stimare la velocità effettiva tenuta dal veicolo, applicano una tolleranza di 5 km/h in più rispetto al limite, qualora di circoli a velocità inferiori ai 100 km/h e 5% in più del limite consentito quando si circoli a velocità superiori ai 100 km/h.
Cosa succede, però, se a “rilevare” la velocità sia un Pubblico Ufficiale senza l’ausilio di alcun sistema di rilevamento elettronico, semplicemente indicandola sul verbale di accertamento della contestazione?
Di recente, la Corte di Cassazione ha chiarito proprio quest’aspetto, rispondendo a un quesito comune tra gli automobilisti.
La natura probatoria del verbale di accertamento
Va premesso che il verbale di accertamento costituisce un atto ricognitivo (cioè mette per iscritto i fatti così come avvenuti nel concreto) e consiste in una dichiarazione attestata del pubblico ufficiale di quanto avvenuto in sua presenza. I fatti, quindi, devono essere descritti senza margini di apprezzamento, conformemente a quanto stabilito nell’art. 2700 c.c., di modo che il documento possa fare piena prova, salvo non si proceda con la querela di falso, cioè lo strumento previsto dalla legge per contestare la veridicità di quanto riferito in un atto pubblico.
L’efficacia di piena prova, tuttavia, non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi espressi dal pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di circostanze di fatto, qualora queste non siano obbiettivamente verificabili e verificate.
Di conseguenza, limitatamente a quelle parti che riportino informazioni semplicemente indicate dagli agenti verbalizzanti, e non anche oggettivamente accertate, il verbale sarà liberamente valutabile dal giudice, il quale avrà facoltà di ammettere le prove contrarie eventualmente dedotte dal preteso autore della violazione.
La vicenda
In un caso recente il Tribunale, in funzione di giudice di secondo grado rispetto alla pronuncia del Giudice di Pace, confermava ad un automobilista la sanzione amministrativa per l’eccessiva velocità di circolazione, che risultava essere stata “accertata”, nel verbale dei Carabinieri, in base alla velocità di 160 km/h indicata dal tachimetro della gazzella in loro uso.
L’automobilista, allora, proponeva ricorso per cassazione, rilevando un vizio nella motivazione della sentenza impugnata nonché la nullità della stessa per violazione delle norme relative all’efficacia probatoria del c.d. “atto pubblico”: cioè, nel caso di specie, il verbale di accertamento della contestazione stradale.
La decisione della Suprema Corte
Ebbene, la Seconda Sezione della Suprema Corte, con ordinanza n. 1106/2022, valutate le circostanze, ha accolto la difesa del conducente in quanto: pur non dubitando che gli agenti abbiano letto sull’indicatore una velocità di 160 km/h, la Corte ha ribadito che “la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante” o “ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche”.
E proprio in questo ambito gli Ermellini hanno fatto rientrare la presunzione secondo cui i 160 km/h letti sul proprio tachimetro corrispondano con certezza alla velocità effettiva del veicolo inseguito.
Non risultava, infatti, alcuna altra circostanza dalla quale desumere che anche l’auto del ricorrente, inseguita e poi raggiunta, andasse alla medesima velocità.
Per tali ragioni, la sentenza è stata ritenuta errata nella parte in cui ha affermato che il verbale di contestazione, supportato da circostanze oggettive, indicate dettagliatamente, risultasse correttamente motivato in ordine all’accertamento della “velocità non adeguata alle caratteristiche della strada”.
I rimedi e le valutazioni da fare
Come noto, gli accertamenti di violazione del Codice della Strada possono essere rivalutati ed eventualmente smentiti e annullati, previo ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace, da soggetti terzi rispetto all’accertatore. Gli strumenti a tutela del cittadino che sia incappato in errori valutativi dei verbalizzanti non mancano, ma la loro proposizione dovrebbe seguire a un’accurata valutazione del caso concreto, funzionale a valutare se sussistano o meno i presupposti per proporre l’impugnativa.
Per approfondimenti, il testo integrale del Codice della Strada è disponibile al seguente link:
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1992-04-30;285
Se vuoi saperne di più sulle recenti novità al Cds e sui rimedi previsti per l’impugnativa di sanzioni amministrative, puoi consultare altri nostri articoli ai seguenti link:
https://studiolegaleborgiani.it/riforma-codice-della-strada/
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