Sovente le strade presentano buche, dissesti e scarsa manutenzione, che non di rado possono rappresentare la causa di incidenti stradali.
Ma cosa succede quando si è vittime di un danno causato proprio dall’omessa e/o inesatta manutenzione della strada? È possibile attivarsi per la tutela dei propri interessi e il riconoscimento di un eventuale risarcimento?
Sulla questione, la Cassazione si è recentemente espressa, confermando il suo precedente orientamento, ritenendo che per i danni cagionati dalla omessa e/o inesatta manutenzione della strada, intesa quale bene custodito, sia responsabile il custode, vale a dire quell’ente, sia esso pubblico o privato, su cui ricade la titolarità della strada (Cass. civ., Sez. VI, n. 1725 del 23.1.2019).
Innanzitutto, è bene ricordare che il Codice della strada prevede che è compito del proprietario della strada far sì che essa sia manutenuta in maniera adeguata. L’articolo 14 comma 1, infatti, dispone che:
Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.
Cosa succede, dunque, quando ciò non si verifica? Può il proprietario della strada, spesso una pubblica amministrazione, essere tenuto a risarcire il danno? La risposta è senz’altro affermativa.
Sebbene in un primo momento i Giudici di legittimità abbiano limitato tale ipotesi, riconducendo la responsabilità dell’ente proprietario della strada alla fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., ad oggi, invece, la prospettiva è cambiata: la Corte di Cassazione ha oramai sancito che trattasi di ipotesi sussumibile nella norma di cui all’art. 2051 c.c. (da ultimo vedi Cass. civ., Sez. VI, n. 1725 del 23.1.2019).
Ciò significa che, ai fini di ottenere un risarcimento, l’utente della strada vittima di un danno causato da omessa e/o inesatta manutenzione potrà agire nei confronti dell’ente proprietario (o gestore), avendo l’onere di provare:
- il rapporto che lega la strada all’ente;
- il danno patito;
- il nesso causale tra quest’ultimo e l’omessa e/o inesatta manutenzione.
L’operatività dell’art. 2051 c.c., piuttosto che dell’art. 2043 c.c., per l’ipotesi di danno da omessa e/o inesatta manutenzione rappresenta senz’altro un orientamento ben più favorevole all’utente della strada. Infatti, mentre prima era necessario che il danneggiato dimostrasse l’esistenza di una situazione di pericolo occulto, caratterizzata congiuntamente dall’elemento obiettivo della non visibilità e da quello subiettivo della non prevedibilità dell’evento (Cass. civ., Sez. III, n. 12314 del 4.12.1998), ad oggi, il riferimento all’insidia è del tutto superato.
Al danneggiato, dunque, spetterà fornire la prova dell’avvenuto sinistro, allegando tutto quanto necessario a dimostrare che lo stesso si è verificato proprio per le condizioni del manto stradale e, quindi, in conseguenza dell’omessa e/o inesatta manutenzione da parte dell’ente.
Ne consegue che, sull’ente proprietario della strada, sia esso pubblico o privato, grava una presunzione di responsabilità in qualità di custode, che viene meno solo qualora lo stesso riesca a provare la sussistenza del caso fortuito ovvero laddove intervenga una condotta abnorme da parte dell’utente della strada, da sola sufficiente a determinare l’evento stesso del sinistro (Cass. civ., Sez. III, sent. n. 287 del 13.01.2015), sempreché l’ente sia nella possibilità concreta di esercitare la custodia sulla strada (Cass. civ., Sez. III, ord. n. 1257 del 19.1.2018).
Su quest’ultimo punto, si osservi che la possibilità o impossibilità di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza è da valutarsi nel caso concreto in relazione al tipo di strada. Chiaro è che, nel caso in cui si tratti di autostrade si ravvisa senza alcun dubbio la possibilità di controllo da parte del custode, considerato che esse sono destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza e che il gestore è tenuto a maggiori oneri di verifica e manutenzione, per i quali è richiesta anche una prestazione pecuniaria all’utente (il pedaggio). Anche per le strade comunali all’interno del perimetro del centro abitato non sembrano esserci dubbi: la localizzazione della strada all’interno della zona urbanizzata, dotata di una serie di pubblici servizi che direttamente o indirettamente sono sottoposti ad attività di controllo e vigilanza costante da parte del Comune, denotano la possibilità di un effettivo controllo e vigilanza della zona, con conseguente applicabilità dell’art. 2051 c.c..
In ogni caso, la Cassazione ha specificato che
la possibilità concreta di esercitare la custodia va valutata alla luce di una serie di criteri, quali l’estensione della strada, la posizione, le dotazioni e i sistemi di assistenza che la connotano, sì che soltanto l’oggettiva impossibilità della custodia, intesa come potere di fatto sulla cosa, esclude l’applicabilità dell’art. 2051 cod. civ. (Cass. civ., Sez. III Civile, n. 6903 del 6.5.2012).
Recentemente, con sentenza n. 1725 del 23.1.2019, la Cassazione, nel confermare l’orientamento, oramai sempre più consolidato, secondo il quale la responsabilità per omessa e/o inesatta manutenzione della strada sia da ricondursi proprio all’ipotesi di responsabilità del custode di cui all’art. 2051 c.c., ha altresì precisato che
la custodia è intrinsecamente anche un’attività preventiva e che, pertanto, l’ente tenuto alla custodia della strada deve predisporre quanto è necessario per prevenire danni eziologicamente attinenti alla cosa custodita, le cui caratteristiche plasmano e delimitano il caso fortuito, configurando l’obbligo custodiale sotto il profilo ex ante, ovvero della prevedibilità che rientra quindi nella possibilità giuridica dell’adempimento dell’obbligo stesso (Cass. civ., Sez. VI, n. 1725 del 23.1.2019).